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domenica 2 ottobre 2016

Recensione Carla Dolce (a cura di) K. Harmel, Finché le stelle saranno in cielo, Garzanti, Milano 2012, ISBN 978881168411-4

K. Harmel, Finché le stelle saranno in cielo, Garzanti, Milano 2012, ISBN  978881168411-4                                                                                                    

Kristin Harmel nasce a Boston nel 1979. Appassionata di scrittura sin da quando era una bambina, a soli sedici anni inizia a collaborare con alcune testate americane come reporter. Dopo la laurea in letteratura, comincia a scrivere per  People, dove lavora tutt’oggi.
Finché le stelle saranno in cielo è un romanzo contemporaneo, ambientato tra Stati Uniti e Francia. Rose, la protagonista, è una donna di circa ottant’anni che, a causa dell’Alzaheimer, sta per perdere completamente la memoria; a volte, però, ricorda con precisione alcuni eventi accaduti durante la sua giovinezza. Sarà proprio grazie ai suoi pochi ma lucidi ricordi, che sua nipote Hope potrà ricostruire la sua storia, che incanterà notevolmente il lettore, lasciandolo senza parole. 
Rose, di origine francese ed ebraica, molti anni prima è stata costretta a scappare da Parigi, la sua città, a causa dell’Olocausto; una volta giunta negli Stati Uniti, decide di cambiare identità e dimenticare il suo triste passato. Tante saranno le sorprese che ci rivelerà la scrupolosa ricerca della verità condotta da Hope. Alla fine del romanzo, Rose, prima di morire, ritroverà Jacob, il grande amore della sua vita, del quale non aveva più notizie da oltre sessant’anni. 
Quando ho iniziato a leggere questo romanzo, sinceramente non pensavo potesse stupirmi così tanto. L’ho trovato più bello ed interessante di come inizialmente mi era sembrato. Più il lettore si cimenta nella lettura, più ne rimane piacevolmente sorpreso. Uno dei temi principali, a mio avviso, è la necessità di fare chiarezza a proposito di ciò che avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale: notizia di cui non tutti sono a conoscenza - e che anch’io, prima di leggere questo libro, ignoravo completamente - è l’aiuto offerto agli ebrei in fuga dai musulmani. Essi ospitarono ed aiutarono moltissimi ebrei durante l’Olocausto, accogliendoli in casa propria e aiutandoli a fuggire. 
Secondo me, questo vuol dire che tutti, indipendentemente dalla religione professata, o dalle proprie credenze, possono e devono cercare di aiutare l’altro, semplicemente per il fatto che come tutti noi, anche l’altro ha il diritto di vivere dignitosamente. Questo argomento, in un certo senso, potrebbe ricollegarsi all’attuale fenomeno dell’immigrazione, in quanto anche i migranti di oggi sono in fuga da condizioni di vita disumane e, venendo qui, sperano di poter trovare un futuro migliore. L’autrice vuole mettere in luce una realtà quasi sconosciuta e per farlo racconta, con un linguaggio semplice e scorrevole, la drammatica storia di Rose. 
Alla fine del romanzo, ci sono cinque pagine nelle quali l’autrice risponde ad alcune domande sul suo libro. Ecco una parte che mi ha particolarmente interessato, tratta dalla conversazione con Kristin Harmel: <<Dobbiamo capire che, alla fine, siamo tutti esseri umani che desiderano le stesse cose: pace, amore, sicurezza (…) e credo che anche le grandi religioni del mondo abbiano in comune più di quanto la maggior parte della gente si aspetti (…) la mia religione mi insegna che siamo diversi appositamente, cosicché possiamo imparare gli uni dagli altri. Più impariamo, più cresciamo insieme, la conoscenza abbatte il pregiudizio>>.                                                                                                            

È un libro che, a tratti, fa commuovere e sensibilizzare il lettore ma, al contempo, lo spinge a sorridere, facendogli notare la bellezza e l’importanza di trascorrere la propria vita ricercando l’amore e  la vera felicità, senza mai arrendersi. 
Carla Dolce
Ex allieva Istituto S. M. Mazzarello
A.S. 2016/2017

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