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sabato 1 ottobre 2016

Recensione Maria Chiara Coppola (a cura di) J. Green, Città di carta, Rizzoli, Milano 2008, ISBN: 978-88-17-03599-6

J. Green, Città di carta, Rizzoli, Milano 2008, ISBN: 978-88-17-03599-6


Città di carta di John Green – autore pluripremiato, in vetta alle classifiche del New York Times grazie anche al precedente romanzo “Colpa delle stelle” (Rizzoli) –, è la storia di una fuga inaspettata, quella di Margot, una giovane studentessa che, a pochi giorni dal diploma, sparisce misteriosamente. Quentin Jacobsen, timido, remissivo e ligio al dovere, è sempre stato innamorato della ribelle, avventurosa e misteriosa Margot Roth Spiegelman fin da quando, da bambini, hanno condiviso un’inquietante scoperta.

Con il passare degli anni, il loro legame speciale sembra essersi spezzato: Quentin si è gettato a capofitto nello studio, suona nella banda della scuola, odia l’idea del ballo di fine anno e passa i pomeriggi a giocare ai videogiochi con i suoi due migliori amici, Ben e Marcus; Margot è la ragazza più popolare della scuola, seduta sul sedile passeggero della decappottabile del ragazzo più popolare, circondata da amiche bellissime. Ma, alla vigilia del diploma, Margot appare all’improvviso alla finestra di Quentin perché ha bisogno del suo aiuto per vendicarsi della sua migliore amica e lo trascina in piena notte in un’avventura indimenticabile.

Fra effrazioni, vandalismo e un romantico ballo all’ultimo piano di un grattacelo, riesce a scoprire qualcosa sulla ragazza che è diventata la sua migliore amica d’infanzia. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. La mattina dopo, però, Margot scompare misteriosamente e Quentin scopre degli indizi che potrebbero rivelargli dove è andata. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l’hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso.

Il romanzo è una riflessione su cosa significa vivere davvero, sull’importanza dell’amicizia e dell’amore ma anche sul diventare grandi, crescere e lasciarsi alle spalle la spensieratezza dell’adolescenza. Se “ogni istante della nostra vita è pensato in funzione del futuro”, Margot invece è sul punto di negare ogni cosa, lasciando un vuoto che sembra chiedere soltanto una risposta immediata alla propria famiglia e agli amici di scuola: <<Ognuno all’inizio è una nave inaffondabile. Poi ci succedono alcune cose: persone che ci lasciano, che non ci amano, che non ci capiscono o che noi non capiamo, e ci perdiamo, sbagliamo, ci facciamo del male, gli uni agli altri. E lo scafo comincia a creparsi. E quando si rompe non c’è niente da fare, la fine è inevitabile. (…) Però c’è un sacco di tempo tra quando le crepe cominciano a formarsi e quando andiamo a pezzi. Ed è solo in quei momenti che possiamo vederci, perché vediamo fuori di noi dalle nostre fessure e dentro gli altri attraverso le loro>>.

Solo Quentin sarà disposto a mettersi alla prova fino in fondo e, grazie a un percorso difficile e faticoso, sarà capace di ascoltare la richiesta di aiuto di Margot.

Cosa vuol dire Città di Carta e quale significato multiplo viene attribuito dall’autore all’espressione del titolo? Spiega John Green: <<Essenzialmente, volevo una definizione diversa di “città di carta” per ogni sezione del libro, ognuna delle quali rappresentasse un modo differente dell’immaginazione di Margot proposta da Quentin. Nella prima parte, Quentin vede Margot in una sola delle sue dimensioni. Per lui, la ragazza ha lo spessore della carta, non è nient’altro che l’oggetto del suo desiderio. Nella seconda parte, lui vede una ragazza che è metà presente e metà assente, quindi inizia a pensare a lei con maggiore complessità, ma ancora senza pensare a lei veramente come un essere umano. Nella parte finale del romanzo, l’immagine nel complesso riconnette Quentin a Margot, ma non nel modo in cui lui avrebbe sperato>>.

Maria Chiara Coppola
V liceo Istituto S. M. Mazzarello

 A.S. 2016/2017

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