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sabato 24 settembre 2016

Recensione Ben Said Moussa (a cura di) P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 1989, ISBN 9788806313692

P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 1989, ISBN 9788806313692

Se questo è un uomo è un romanzo di Primo Levi, scritto tra il 1945 e il 1947 e pubblicato dalla casa editrice Einaudi nel 1989. In quest'opera, l’autore racconta la sua esperienza nei campi di concentramento, durante la Seconda Guerra Mondiale. Sottratto alla sua vita quotidiana, Primo Levi viene condotto in questo luogo di morte, costruito allo scopo di annientare la dignità umana.

Lo scrittore racconta come il lager nazista sia pensato appositamente per trasformare gli uomini in bestie, costretti a lottare gli uni contro gli altri per la sopravvivenza. I reclusi, denutriti e privati persino del nome, sono obbligati ai lavori forzati, spogliati di qualsiasi bene e divisi dalle proprie famiglie. Il romanzo è estremamente toccante perché – al di là delle crude descrizioni di ciò che ha visto accadere ai propri compagni di sventura, al sangue versato, ai bisogni primari insoddisfatti – l’autore ci parla di una coscienza che cerca di reagire, di un uomo che comunque riesce a conservare la sua sensibilità, a "sapersi organizzare", a far finta di seguire ogni regola; un uomo perfettamente consapevole del suo deperimento quotidiano, ma con un cervello frizzante che riesce ancora a pescare dai ricordi ora la Divina Commedia, ora le formule chimiche su cui a Torino lavorava e che nel campo gli torneranno utili.

Oltre a raccontarsi, l'autore cerca di dare una spiegazione, di trovare la causa che spinge gli esseri umani ad annullare la personalità, l’individualità e l’esistenza dei loro simili. Ma non c’è nessuna forma di normalità dietro il dolore gratuito che viene inflitto, ed è questo il male radicale, che non può essere spiegato né gestito ma che, in qualche modo, deve essere contenuto dentro chi ha subito quelle atrocità.

Se questo è un uomo è uno di quei libri che ti fanno rigirare nel letto, che ti impediscono di addormentarti subito, che ti fanno mangiare tutto sino all'ultimo boccone. È una lezione di vita. Una storia, niente di più, niente di meno: ed è proprio la semplicità e la freddezza di spirito con cui sbatte in faccia questa dura realtà, a lasciare senza parole. Sarà stato proprio questo l'effetto sperato, perchè lo stile dell'autore è asciutto, descrittivo, molto diretto, tipico di chi ha la necessità di far arrivare immediatamente un concetto ai suoi lettori.

Queste pagine, quello che lì è accaduto, non si possono dimenticare. Finisco il libro e vado a rileggere una frase. Non è una poesia, è un monito all’umanità intera, quando l'autore ormai non riesce più nemmeno a trovare consolazione in Dio: <<c’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio>> e la sua unica speranza rimane solo la memoria degli uomini:

«Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, stando a casa andando per via, coricandovi, alzandovi; ripetetele ai vostri figli.»

Diffondere ciò che gli è accaduto: «la mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all’uomo di fare dell’uomo».


Ben Said Moussa
V liceo S. M. Mazzarello
A. S. 2016/2017




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