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mercoledì 21 settembre 2016

Recensione Davide Vincenzo Giannettino (a cura di) R.Viganò, L’Agnese va a morire, Einaudi, Torino 1977, ISBN 9788806386870




R.Viganò, L’Agnese va a morire,  Einaudi, Torino 1977, ISBN 9788806386870




Renata Viganò nasce a Bologna nel 1900, dove muore nel 1976, dopo essere diventata una delle più celebri scrittrici del secolo ed una fervente partigiana italiana. L'autrice si appassiona fin da piccola alla letteratura e coltiva un sogno: diventare un medico ed aiutare il prossimo. Ancora giovanissima, pubblica due raccolte di versi, Ginestra in fiore (1912) e Piccola Fiamma (1915), le quali raggiungono una notevole notorietà. Malgrado ciò, a causa delle gravi difficoltà economiche subentrate in famiglia, è costretta ad abbandonare gli studi al fine di aiutare i propri cari e, con spirito di sacrificio e maturità, decide di entrare nel mondo del lavoro esercitando la professione di infermiera presso gli ospedali bolognesi. 

Durante la guerra, prende parte attiva alla lotta clandestina per la Resistenza e segue, in compagnia del figlio, il marito comandante di formazioni garibaldine. Dirigente del servizio sanitario di una brigata operante nelle valli di Comacchio, in questi anni viene ufficialmente riconosciuta partigiana con il grado di tenente e tale esperienza arricchisce e rende determinante questo particolare tratto della sua biografia. Tale impegno non le impedisce, tuttavia, di proseguire la sua attività letteraria, con la stesura del suo primo romanzo Il Lume Spento (1933) che, grazie ai favori dei salotti culturali, la porta alla pubblicazione del suo capolavoro letterario L'Agnese va a morire, nel 1949. Quest’ultimo la rende protagonista del Premio Viareggio del medesimo anno e viene tradotto in ben tredici paesi.

L'Agnese va a morire rappresenta una delle più genuine e dettagliate opere letterarie che la travagliata esperienza umana e culturale della Resistenza abbia prodotto. Il romanzo narra le vicende di Agnese, una saggia donna cinquantenne, inserite all'interno della cornice storica delle valli di Comacchio, in Romagna, dal 1943 al 1945, durante la Seconda Guerra Mondiale. La storia di Agnese traccia i suoi contorni a partire dalla deportazione del marito della donna, un intellettuale comunista membro della Resistenza, di nome Palita. Tale avvenimento susciterà dei profondi cambiamenti nella vita quotidiana di Agnese che, da semplice bracciante agricola, si avvicina sensibilmente al movimento popolare della Resistenza guidato dai compagni del marito Palita. Pertanto, proprio in questo periodo, ha inizio la vita clandestina della protagonista la quale si trova altresì costretta a fare la "staffetta" da un villaggio all'altro per cuocere i pasti ai compagni che tornavano dalla guerriglia locale e, in modo particolare, con l'obiettivo di trasferire armi e trasmettere le notizie più recenti. Nell'arco di sei mesi, la donna apprende dai compagni della morte del marito, per mano tedesca, durante il viaggio verso i campi di concentramento nazisti. Dopo attimi di disperazione, la protagonista mette a punto la tanto agognata vendetta, la quale ebbe luogo nel corso di un breve soggiorno di un soldato appartenente alla compagine tedesca presso la casa in cui Agnese era temporaneamente ospitata. Quest'ultimo, infatti, durante una rigida notte invernale uccide la sua gattina nera, unico ricordo del marito scomparso, ed Agnese riesce furtivamente ad ucciderlo grazie al mitra momentaneamente incustodito dal nazista. 

Le vicende che percorrono il libro raccontano di continue guerriglie contro i tedeschi, i quali rappresentano gli unici antagonisti del romanzo contro cui bisogna lottare per rivendicare i propri diritti inalienabili. Tuttavia i partigiani, che nel romanzo di Viganò costituiscono gli eroi protagonisti, non sono visti di buon grado dalla popolazione locale e soprattutto dalle truppe alleate, schierate pochi chilometri a sud della valle di Comacchio. La scena del romanzo si conclude con la tragica disfatta del battaglione partigiano, durante il quale la protagonista verrà uccisa durante un controllo militare dal maresciallo Kurt appartenente alla spietata compagine tedesca. Quest'ultimo, in seguito a due ceffoni impugna la pistola e le spara in corrispondenza degli occhi, della bocca e sulla fronte, abbandonando Agnese in un mucchio di stracci neri sulla neve. 

Il testo dell'autrice assume tratti di un romanzo storico-popolare dai caratteri neorealisti, che certamente sposa, con crudo realismo, le atroci azioni ed oscenità commesse nel corso del secondo conflitto internazionale. A mio parere, questo libro che certamente ricalca le esperienze vissute in giovinezza dalla scrittrice, incarna in ogni sua parola la tempestività ed onestà del carattere della protagonista e, nel contempo, oltre a fornirci esaustive descrizioni dei fatti storici, ci permette di riflettere su uno dei valori cardine dell'intera narrazione: la libertà. Quest'ultima, seppure da sempre ritenuta un diritto inalienabile di ogni essere umano è purtroppo ancora negata a molti nostri fratelli, i quali attualmente vivono nel quotidiano scene non meno disumane e strazianti di quelle vissute dai nostri antenati nell'epoca dei conflitti mondiali. Ritengo, in conclusione, che bisogna commemorare nella quotidianità le gesta di questi veri e propri eroi e di tutti coloro i quali, senza esitazione, si sono opposti fermamente ad ogni genere di violenza e sopraffazione, affinché non restino esclusivamente parte del passato, ma contribuiscano ancora a delineare in modo nitido e consolidato il nostro presente ed il futuro.

Davide Vincenzo Giannettino 
V Liceo 
Istituto S. M. Mazzarello
A.S. 2016/2017

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